Cosa significa "Pari Opportunità e politiche di Genere"?    

La locuzione "Pari Opportunità" ha riguardato da sempre il problema della parità politica e sociale tra uomo e donna: le politiche di parità di genere nascono nel  tentativo di difendere la donna rispetto alla diffusa discriminazione maschile in ambito professionale, sociale e politico-culturale.

Il fondamento  delle politiche di pari opportunità è riscontrabile nella Cosrituzione Italiana agli art. 3, 37 e 51.

Art. 3 

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

ART. 37.
La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. [...]

ART. 51.
Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.

 

Il testo costituzionale è stato anche modificato, proprio al fine di dare la possibilità di mettere in atto quelle politiche e quelle azioni positive rivolte specificamente a promuoverne l'attuazione delle Pari Opportunità o rimuovere gli ostacoli che si frappongono ad esse. 

A tal fine sono state varate le c.d. "Politiche di genere" riferendosi a tutti quegli strumenti di legge e a quelle azioni positive atte a evitare o rimuovere qualsiasi forma di discriminazione formale o sostanziale, diretta o indiretta nei confronti delle donne.

Sulla normativa nazionale e comunitaria si consiglia di consultare il sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Pari Opportunità

http://www.pariopportunita.gov.it/index.php/normativa-nazionale

http://www.pariopportunita.gov.it/index.php/normativa-comunitaria

 

 

 Cosa significa "Genere"

Quando si parla di "genere" occorre tener presente che il significato di questa parola non è sinonimo di  "sesso".

Per genere si intende le caratteristiche e il ruolo che agli uomini e alle donne vengono attribuiti in una determinata società all'interno della famiglia e della vita pubblica. Si tratta cioè di una costruzione sociale e culturale, che influenza  la condivisione dei compiti all'interno della famiglia, gli equilibri di potere all'interno della coppia e le scelte/possibilità professionali delle persone.

 Il sesso è invece determinato dalla specificità biologica e fisica che distingue i maschi dalle femmine, quindi il fatto di avere caratteri sessuali/fisici tipici dell'uomo e della donna.

Le politiche di genere si occupano di dar vita ad azioni culturali che, pur rispettanto e valorizzando le differenze di genere, mirano al riequilibrio fra ruoli di uomo e donna nella famiglia e nella società, in modo da dar attuazione al principio di pari opportunità (negli studi, nella carriera, nella vita politica).

Sulla confusione concettuale fra studi di genere e ideologia gender (o genderismo)  è interessante l'articolo del 23 ottobre 2015 su "La ventisettesima ora" del Corriere della Sera a cura di  Elena Tebano ed i commenti dei lettori che lo seguono.

http://27esimaora.corriere.it/articolo/gender-non-vuol-dire-cancellare-mamma-e-papa-o-la-differenza-tra-i-sessi/#more-75507

Sulla questione è illuminante anche il sito del Coordinamento Teologhe Italiane, dove si raccomandano i seguenti articoli.

http://www.teologhe.org/wp-content/uploads/2015/10/Combonifem-settembre-2015.pdf

http://it.radiovaticana.va/news/2015/08/06/studi_di_genere_oltre_il_genderismo,_no_alle_disparit%C3%A0/1163486

 

 

Che senso ha parlare ancora di pari opportunità e di politiche di genere?

I dati statistici (v. es. Rapporto di Lisbona - marzo 2000) fanno constatare quanto le donne siano tuttora indietro nella corsa verso la concreta eliminazione di ogni forma di disparità e quanto si sia ancora lontani dalla piena realizzazione di quel cambiamento culturale, necessario affinché anche alla donna sia attribuito un ruolo non subalterno nella organizzazione economica, politica e sociale del Paese.

L'Europa pone l'obiettivo dell'innalzamento dell'occupazione femminile come motore di sviluppo, ma sottolinea al tempo stesso che gli interventi a favore dell'occupazione si collegano e si qualificano nell'intreccio con quelli per la famiglia, per i servizi sociali, per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, per una flessibilità “positiva”, per una maggiore presenza delle donne ai livelli decisionali.

Tutti gli anni il Consiglio Europeo aggiorna i dati, evidenziando il persistere di una sostanziale arretratezza da parte dell'Italia.

Anche  il COMITATO per l’ELIMINAZIONE di tutte le forme di  DISCRIMINAZIONE CONTRO LE DONNE  dell'ONU  (CEDAW)  nel Luglio 2011, invita l'Italia a: 

-  applicare "misure speciali temporanee" nei settori in cui le donne sono sottorappresentate (legislativo, esecutivo, amministrativo e corpi politici) o sono svantaggiate,

- mettere in atto una politica, rivolta a donne e uomini, fanciulli e fanciulle, per superare l'immagine della donna come oggetto sessuale e gli stereotipi relativi ai loro ruoli nella società e nella famiglia

- rafforzare la parità di genere ed eliminare gli stereotipi patriarcali nel sistema scolastico

- assicurare che le questioni relative alla parità di genere e ai corsi di formazione e di sensibilizzazione divengano una componente integrare, sostanziale ed obbligatoria della formazione di tutti gli insegnanti a tutti i livelli

- dare informazioni sull'esistenza di stereotipi sessisti nei media e nel settore pubblicitario e sulle misure di auto-regolamentazione esistenti (codici di condotta)

- sviluppare e applicare sistemi di valutazione del lavoro, secondo criteri che applichino l'ottica di genere

- accrescere gli sforzi :

                         a) per assicurare la conciliazione tra responsabilità familiarifornendo ulteriori strutture per le varie fasi dell'infanzia,   specie in quelle regioni dove scarseggiano

                         b) per la promuovere l'equa condivisione degli impegni domestici e familiari fra uomo e donna, anche attraverso l'innalzamento degli incentivi per gli uomini per l'esercizio del dirittto ai congedi  parentali

Questi inviti sono ancora tutti validi, sebbene le istituzioni italiane, governative e locali, lavorino con costanza sulla tematica.

Infatti i dati presentati allo scorso World Economic Forum (anno 2018) pongono l'Italia al 70esimo posto su 149 paesi, quanto a parità di genere con picchi negativi non irrilevanti in alcuni settori: siamo ad esempio al 93esimo posto per occupazione, al 91esimo posto per parità salariale, al 116esimo posto nell'ambito della salute, al 61esimo per la formazione, al 38esimo posto quanto a presenza femminile in politica.

Prendendo in considerazione il trend dal 2016 al 2018, l'Italia ha mantenuto nel ranking globale del WEF il 70esimo posto. Prendendo in considerazione i singoli indici,  si è  registrato  un trend negativo sopratutto riguardo a: occupazione (87° vs. 93° posto), parità salariale (72°  vs. 91° posto), salute (77° vs. 116° posto) e formazione (27°  vs 38° posto). Dallo studio del WEF emerge, tuttavia, che sia l'aspetto educativo che quello della salute presentano una quasi totale parità tra i sessi (i loro indici sono infatti prossimi al 100%). L'Italia per contro è ancora molto lontana dalla parità nel campo politico (sebbene rispetto al 2006 siano stati fatti dei grandi passi avanti: dal 8,7 % al 26,7%) e nel campo economico. Secondo uno studio dell'osservatorio di JobPricing in Italia la differenza di salario medio fra uomini e donne sarebbe pari al 10,0% a favore degli uomini (come se una donna, rispetto ai suoi colleghi maschi, iniziasse a guadagnare dalla seconda settimana di febbraio e non da inizio gennaio).

A livello globale il divario di genere, spiega il WEF, è al 68% e si è allargato considerevolmente. Ci vorranno 108 anni per colmarlo rispetto agli 83 stimati lo scorso anno.  Eppure, segnala il WEF, se si colmasse la parità di genere il PIL del mondo aumenterebbe di 5,3 miliardi di dollari.

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Ultimo aggiornamento

14/02/2022, 12:46